Oltre gli addii…

Chissà se esiste un modo giusto anche per andar via. Me lo chiedo da quando ho completato l’album dei modi sbagliati adottati dagli altri, da quando la schiena dell’ultimo dei superstiti si è fatta piccola piccola ed io ho capito che rincorrere nella speranza di raccogliere briciole di rapporti si sarebbe rivelato inutile ancora una volta, esattamente come la volta precedente e quella prima ancora. Così, contro tutte le aspettative -anche le mie- sono rimasta ferma.

Fino a qualche tempo fa, però, pensavo che qualcosa si potesse salvare anche in mezzo ai finali: residui di vita consumata in due, pezzetti di giornate condivise, gocce di speranze alimentate da dita intrecciate. Ma adesso che guardo da lontano chi ha scelto di non esserci, adesso che le parole di un tempo hanno il peso di bolle di fumo, adesso che mi accontento delle finestre lasciate socchiuse per sbaglio, mi chiedo se non avessero ragione gli altri a pensare che il passato è passato solo se elimini tutte le prove, solo se lasci che una schiena piccola piccola sia tutto quello che ti rimane di certe storie.

A me comunque, da eterna romantica, patetica se preferite, piacerebbe che la gente dedicasse un po’ più di attenzione anche agli addii. Che misurasse i passi mentre se ne va, dando almeno il tempo agli occhi di abituarsi al buio di certi vuoti. C’è un modo giusto, secondo me, anche per voltare le spalle a chi per un po’ ti ha camminato accanto anziché sedersi a riposare il cuore. ‘Ché non è roba da poco affrontare i mostri di qualcun altro oltre a quelli nel proprio armadio; ‘ché non è roba da poco mettere in discussione sé stessi per prestare un’ora di vita a chi ha le catene al posto dei progetti; ‘ché non è roba da poco lasciarsi smontare l’anima, giocarsi litri di sangue e pazienza, cercare un equilibrio impossibile camminando sui fili ingarbugliati di una mente in tempesta.

Ho perso il conto delle volte che ci ho provato e di quelle che sono caduta.
Sto imparando a rialzarmi, se mai ti chiedessi dove sono finita.

 

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