Cara terra mia, ti riconosco.

Cara terra mia, ti riconosco.
Poche parole e vorrei potermi fermare qui. Ma una lettera, secondo le convenzioni, ha bisogno di frasi lunghe, periodi contorti, magari anche di due o tre passaggi commoventi. Ecco perché forse mi dilungherò un po’ ma almeno provo a spiegarti. Parlo solo a te, o meglio, alla sola parte di te che credo sappia ascoltare ancora. E poco importa se verrò fraintesa, poco importa se qualcuno commenterà la nostra storia con cattiveria, magari anche senza conoscerla. Tanto le loro voci le sento già: ripetono in giro che ti ho abbandonata, che avrei dovuto e dovrei darti più fiducia, che alla fine dei conti è stata, per l’ennesima volta, tutta colpa mia.

Invece sai una cosa? Io oggi ti guardo e riesco a dire a me stessa, con sicurezza estrema, che tra le due sei tu quella sbagliata. Me ne accorgo adesso che non ti nascondi più. Ovunque io mi volti, tu ti riveli, ti mostri per quanto sei piccola, per le tue abitudini dure a morire, per il masochismo con cui quasi li preferisci quelli che ti fanno del male. Dopo mesi, forse anni che non mi capitava più, oggi ho la sensazione di averti davanti in maniera limpida quanto straziante: sei esattamente la terra che per tanto tempo mi aveva fatto immaginare un futuro lontano da qui.

Eppure ti giuro che io ci ho provato, ci ho messo tutto l’impegno di cui ero capace per allontanare l’amara convinzione che tu non fossi il mio posto. A un certo punto mi ero addirittura convinta che avrei potuto costruire qualcosa proprio qui, in questo sperduto angolo di mondo. “Perché lontano è più facile, ma questa è casa mia”. Così ripetevo, e no, non erano solo parole.  Alla rassegnazione ho sostituito l’attivismo. Ho preferito la partecipazione al mio abituale isolamento. Tutto quello che avevo imparato altrove, l’ho messo al tuo servizio. Credevo sarebbe bastato. Ci credevo così tanto che mi sono rimboccata le maniche e ho iniziato a piantare semi, a concimare la terra tutt’intorno, a innaffiarla quotidianamente. Ma poi ecco, come dal nulla, il temporale a distruggere il raccolto: scusami ma no, ora è sicuro: tu non sei il mio posto.

L’ho capito quando ho visto luccicare gli occhi di ragazzi troppo giovani di fronte a qualche moneta in più, quando li ho sentiti parlare come se il denaro potesse comprare tutto, come se senza i soldi non si potesse dar vita a nulla di buono. “Avete ragione” avrei voluto dirgli, ma è così triste aver ragione a vent’anni, quando la legge del più forte dovrebbe farti schifo, quando il sistema dovresti rovesciarlo e non sguazzarci comodo come un pesce rosso nel suo acquario nuovo.

Io non ci posso stare in un posto così. Non posso stare in un posto dove vedo costantemente calpestato tutto quello in cui credo, un posto in cui anche la dignità sembra avere un prezzo, dove il clientelismo è vissuto come l’unica strada possibile per far valere un diritto. Io non ci posso resistere in un paese dove la politica non ha colori ma solo macchie, tutte scure, e al cambiamento non si può ambire, se non con mazzette di banconote. Io non ci voglio stare in mezzo ai sudditi del potente di turno; non mi ci voglio adeguare, ogni volta, al passaggio di scettro da un padrone all’altro. Semplicemente, voglio la possibilità di costruire un futuro, per me e per te, senza l’aiuto del primo consigliere che incontro, senza avere un parente assessore, e senza dover necessariamente chiedere a un grande imprenditore di farmi da sponsor. Voglio fare con la mia testa, coi pochi soldi che guadagno, ma nel rispetto della mia etica e con la coscienza a posto. Qui, attualmente, sembra che stia parlando di qualcosa di assurdo.

Ti chiedo scusa, quindi, cara terra mia, se non riesco a vederti bella neanche vestita di luci e colori. ‘Ché un paese vivo, per me, non vuol dire un paese sveglio. ‘Ché in realtà sono vivi anche gli animali in letargo.  Ti chiedo scusa, cara terra mia, se a chiamarti “cara” e a definirti “mia” già sento che un po’ sto mentendo. Ti riconosco: oggi so che tu non sei il mio posto. E la cosa più triste è aver capito che proprio non desideri diventarlo.

terra

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